La Germania ha annunciato che dismetterà tutte le centrali nucleari entro il 2022.
In Giappone sta nascendo forte l'opinione che se ne può fare a meno.
Gli Stati Uniti, non dicono niente, ma nel frattempo finanziano la ricerca sull'energia pulita e costruiscono gigantesche centrali a energia alternativa.
Il Governo italiano, fa uno strano accordo con la Francia e ci dice che il futuro è quello dell'energia atomica.
Sposo la decisione della Germania, perché, nel dubbio di una sicurezza che non riguarda solo le nostre generazioni ma quelle future per secoli, voglio insistere a pensare che esistano altre strade.
Decidere per il nucleare sarebbe come se un padre alcolista tramandasse geneticamente e consapevolmente lo stesso vizio e i problemi mentali, fisici ed economici che lo accompagnano, ai figli, ai nipoti e ai pronipoti per diverse centinaia di anni.
No grazie!
L'immagine che allego rappresenta un cartello con il disegno di una città vista dall'alto di notte, illuminata (eccessivamente illuminata) da energia nucleare. Bella, vivace, comunica vita intensa anche di notte, ma provate ad immaginarvi su un aereo in volo notturno a 8.000 metri di altezza, guardate in basso città come Roma, Milano, Parigi, Londra, New York o Sao Paulo, insomma qualsiasi città illuminata da energia prodotta da cose che fanno male al pianeta e a noi stessi, e poi ditevi se per quella scenografia così ad effetto, ma così impalpabile dal basso ci sia bisogno di tanti veleni. Ed ecco che se ci mettete un po' di fantasia vedrete figure, sagome, disegni di ogni tipo formarsi attraverso quei giochi di luce che state vedendo solo voi e pochi altri. Continuate a guardare, privilegiati. Qua e là, ogni tanto vedrete spuntare anche una inquietante figura di teschio!
E il cartello ammaccato, scolorito e arrugginito ci dice che quella, tanto tempo fa era una città illuminata da energia nucleare, ma che però non esiste più.
31/05/11
No al nucleare? Sì, non voglio!
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28/05/11
I quadrati di Verò - Os quadrados da Verô (11)
27/05/11
Miei vecchi logos, studi, proposte e definitivi
Qualche vecchio lavoro recuperato negli anfratti labirintici del mio Mac, per alcuni si è trattato solo di proposte, qualche altro, con mia grande soddisfazione, è ancora in giro per il mondo |
26/05/11
Etruschi: la loro arte e il messaggio perenne
25/05/11
I quadrati di Verò - Os quadrados da Verô (10)
24/05/11
I quadrati di Verò - Os quadrados da Verô (9)
Ho avuto un’idea: voglio scoprire come nasce un’idea. Tive uma idéia: quero descobrir como nasce uma idéia |
23/05/11
I quadrati di Verò - Os quadrados da Verô (8)
22/05/11
Ma chi è Verò? Mas quem é a Verô?
Qualcuno mi ha chiesto come è nato il personaggio di Verò.
Verò è una bambina reale, ha un anno e dieci mesi, vive a Sao Paulo in Brasile insieme ai suoi genitori Letizia e Fabrizio e a tre gatti, Ugo, Zé e Lilì. Il suo nome esteso è Veronica, ha meravigliosi capelli abboccolati che fanno da cornice a un faccino dalle mille espressioni eloquenti e piene di curiosità. Ancora non è padrona del linguaggio dei grandi, ma nella sua "valigetta delle parole" che si riempie ogni giorno di più, già ne esistono alcune molto chiare. Ama esibirsi comunque in lunghi monologhi con un suo curioso slang ma dal quale si possono già immaginare e riconoscere i toni e le cadenze dei discorsi degli adulti.
Insomma, è una bambina di questi tempi sicuramente uguale a tantissimi suoi coetanei sparsi nel mondo, ma la differenza la fa il fatto che io la conosco personalmente e che lei conosce me.
Ci vediamo e parliamo spesso attraverso la finestra di Skype, lei dalla grande e viva città sudamericana, io dalla sonnacchiosa città eterna.
E il vedersi, salutarsi, parlarsi, farsi ciao e scambiarsi baci con i gesti universali come tutti sappiamo fare utilizzando le mani è cosa molto naturale per entrambi.
Veronica è una iniziante Geek naturale, sa usare il mouse, clicca sulle cose che la interessano, guarda e ascolta con attenzione, valuta e chiude se si annoia; sa che se apre Skype può chiamare e vedere le persone; sa cosa è una macchina fotografica digitale e sa che se qualcuno scatta, poi potrà vedere il risultato sul retro della fotocamera stessa...
Insomma, chi meglio di lei, poteva essere l'ispiratrice di una serie di vignette dedicate all'interpretazione del mondo della rete in modo disincantato e ironico? E chi meglio di lei poteva aiutarmi ad immaginare anche un mondo futuro, solo per il fatto che ora a qualsiasi cosa penso, non posso fare a meno di immaginarla come utile e interessante per il mondo che l'aspetta quando sarà grande?
Mi sento connesso a lei, mi sento come su un ponte, io che ho visto nascere e svilupparsi la rete a una estremità e lei che, nata per sentircisi dentro naturalmente, lei che contribuirà a ulteriori e inimmaginabili sviluppi, nell'altra. Quel ponte ci fa incontrare, dialogare, interpretare, crescere, ridere, sorprenderci, scoprire mille mondi nuovi insieme.
Il nome di questa serie di vignette è: I quadrati di Verò.
La semplicità con la quale Veronica affronta quello che noi cominciamo a capire bene solo ora, mi fa immaginare a un raziocinio uguale a una figura geometrica di base, il quadrato appunto, così armonico, così lineare, così stabile, così perfetto, così chiaro e così semplice. Il quadrato è proprio come "il pensare" di quella sua meravigliosa e riccioluta testolina.
Me perguntaram como nasceu a personagem de Verô.
A Verô é uma menina real, tem um ano e dez meses, vive em S.Paulo (Brasil) junto a seus pais Leticia e Fabrizio, tem 3 gatos: Hugo, Zé e Lili. Seu nome por inteiro é Verônica, tem maravilhosos cabelos cacheados que emolduram um rostinho de mil expressões eloquentes e cheias de curiosidade. Ainda não domina a linguagem dos grandes, mas no seu “cofrinho de palavras” , que se enche cada dia mais, já esistem algumas muito claras. Mesmo assim, ela se exibe em longos monólogos, com uma “gíria” onde se imagina e se reconhece tons e cadências dos discursos dos adultos. Portanto, é uma menina desses tempos, certamente igual a tantissimos seus coetâneos espalhados pelo mundo, mas a diferença é que eu a conheço e ela me conhece.
Nos vemos e nos falamos frequentemente através da janela do Skype, ela da grande e viva cidade sul-americana e eu da ensonada cidade eterna.
A gente se vê, se cumprimenta, dá tchauzinho e manda beijos com os gestos universais que todos sabem fazer usando as mãos, e é uma coisa muito corriqueira para nós dois.
Verônica é uma iniciante geek natural, sabe usar o mouse, clica nas coisas que lhe interessam, olha e escuta com atenção, avalia e fecha se não lhe interessa; sabe que se abre o Skype pode chamar e ver as pessoas; sabe o que é uma máquina fotográfica digital e sabe que se a gente tira uma foto, depois pode ver o resultado do lado de trás da câmera…
Por tudo isso, quem melhor do que ela poderia ser a inspiradora de uma série de quadrinhos dedicados à interpretar o mundo da rede e não somente este? E quem melhor do que ela poderia me ajudar a imaginar um mundo futuro, somente pelo fato de que agora, qualquer coisa que penso, não posso deixar de imaginá-la como útil e interessante para o mundo que a espera quando será grande?
Sinto-me conectado a ela, sinto-me como em uma ponte: eu, que vi o nascimento e desenvolvimento da rede em uma extremidade e ela, que nasceu sentindo-se dentro naturalmente, ela que contribuirá a outras inimagináveis descobertas, na outra.
Essa ponte nos faz encontrar, dialogar, interpretar, crescer, rir, surpreender, descobrir juntos mil mundos novos.
O nome desta série de quadrinhos é Os quadrados de Verô.
A simplicidade com a qual Veronica enfrenta aquilo que nós começamos a entender somente agora, me faz imaginar um raciocínio que é igual a uma figura geométrica básica, o tal quadrado, assim harmônico, linear, estável, perfeito, claro e simples. Exatamente como o “pensamento” daquela sua maravilhosa e encaracolada cabecinha.
Verò è una bambina reale, ha un anno e dieci mesi, vive a Sao Paulo in Brasile insieme ai suoi genitori Letizia e Fabrizio e a tre gatti, Ugo, Zé e Lilì. Il suo nome esteso è Veronica, ha meravigliosi capelli abboccolati che fanno da cornice a un faccino dalle mille espressioni eloquenti e piene di curiosità. Ancora non è padrona del linguaggio dei grandi, ma nella sua "valigetta delle parole" che si riempie ogni giorno di più, già ne esistono alcune molto chiare. Ama esibirsi comunque in lunghi monologhi con un suo curioso slang ma dal quale si possono già immaginare e riconoscere i toni e le cadenze dei discorsi degli adulti.
Insomma, è una bambina di questi tempi sicuramente uguale a tantissimi suoi coetanei sparsi nel mondo, ma la differenza la fa il fatto che io la conosco personalmente e che lei conosce me.
Ci vediamo e parliamo spesso attraverso la finestra di Skype, lei dalla grande e viva città sudamericana, io dalla sonnacchiosa città eterna.
E il vedersi, salutarsi, parlarsi, farsi ciao e scambiarsi baci con i gesti universali come tutti sappiamo fare utilizzando le mani è cosa molto naturale per entrambi.
Veronica è una iniziante Geek naturale, sa usare il mouse, clicca sulle cose che la interessano, guarda e ascolta con attenzione, valuta e chiude se si annoia; sa che se apre Skype può chiamare e vedere le persone; sa cosa è una macchina fotografica digitale e sa che se qualcuno scatta, poi potrà vedere il risultato sul retro della fotocamera stessa...
Insomma, chi meglio di lei, poteva essere l'ispiratrice di una serie di vignette dedicate all'interpretazione del mondo della rete in modo disincantato e ironico? E chi meglio di lei poteva aiutarmi ad immaginare anche un mondo futuro, solo per il fatto che ora a qualsiasi cosa penso, non posso fare a meno di immaginarla come utile e interessante per il mondo che l'aspetta quando sarà grande?
Mi sento connesso a lei, mi sento come su un ponte, io che ho visto nascere e svilupparsi la rete a una estremità e lei che, nata per sentircisi dentro naturalmente, lei che contribuirà a ulteriori e inimmaginabili sviluppi, nell'altra. Quel ponte ci fa incontrare, dialogare, interpretare, crescere, ridere, sorprenderci, scoprire mille mondi nuovi insieme.
Il nome di questa serie di vignette è: I quadrati di Verò.
La semplicità con la quale Veronica affronta quello che noi cominciamo a capire bene solo ora, mi fa immaginare a un raziocinio uguale a una figura geometrica di base, il quadrato appunto, così armonico, così lineare, così stabile, così perfetto, così chiaro e così semplice. Il quadrato è proprio come "il pensare" di quella sua meravigliosa e riccioluta testolina.
Me perguntaram como nasceu a personagem de Verô.
A Verô é uma menina real, tem um ano e dez meses, vive em S.Paulo (Brasil) junto a seus pais Leticia e Fabrizio, tem 3 gatos: Hugo, Zé e Lili. Seu nome por inteiro é Verônica, tem maravilhosos cabelos cacheados que emolduram um rostinho de mil expressões eloquentes e cheias de curiosidade. Ainda não domina a linguagem dos grandes, mas no seu “cofrinho de palavras” , que se enche cada dia mais, já esistem algumas muito claras. Mesmo assim, ela se exibe em longos monólogos, com uma “gíria” onde se imagina e se reconhece tons e cadências dos discursos dos adultos. Portanto, é uma menina desses tempos, certamente igual a tantissimos seus coetâneos espalhados pelo mundo, mas a diferença é que eu a conheço e ela me conhece.
Nos vemos e nos falamos frequentemente através da janela do Skype, ela da grande e viva cidade sul-americana e eu da ensonada cidade eterna.
A gente se vê, se cumprimenta, dá tchauzinho e manda beijos com os gestos universais que todos sabem fazer usando as mãos, e é uma coisa muito corriqueira para nós dois.
Verônica é uma iniciante geek natural, sabe usar o mouse, clica nas coisas que lhe interessam, olha e escuta com atenção, avalia e fecha se não lhe interessa; sabe que se abre o Skype pode chamar e ver as pessoas; sabe o que é uma máquina fotográfica digital e sabe que se a gente tira uma foto, depois pode ver o resultado do lado de trás da câmera…
Por tudo isso, quem melhor do que ela poderia ser a inspiradora de uma série de quadrinhos dedicados à interpretar o mundo da rede e não somente este? E quem melhor do que ela poderia me ajudar a imaginar um mundo futuro, somente pelo fato de que agora, qualquer coisa que penso, não posso deixar de imaginá-la como útil e interessante para o mundo que a espera quando será grande?
Sinto-me conectado a ela, sinto-me como em uma ponte: eu, que vi o nascimento e desenvolvimento da rede em uma extremidade e ela, que nasceu sentindo-se dentro naturalmente, ela que contribuirá a outras inimagináveis descobertas, na outra.
Essa ponte nos faz encontrar, dialogar, interpretar, crescer, rir, surpreender, descobrir juntos mil mundos novos.
O nome desta série de quadrinhos é Os quadrados de Verô.
A simplicidade com a qual Veronica enfrenta aquilo que nós começamos a entender somente agora, me faz imaginar um raciocínio que é igual a uma figura geométrica básica, o tal quadrado, assim harmônico, linear, estável, perfeito, claro e simples. Exatamente como o “pensamento” daquela sua maravilhosa e encaracolada cabecinha.
I quadrati di Verò - Os quadrados da Verô (7)
Io cerco, trovo e scarico gratis, perché sono piccola e non ho soldi ma ho tempo. Papà cerca, trova e compra con la carta di credito, perché è grande e ha i soldi ma non ha tempo Eu procuro, acho e baixo gratis, porque sou pequena, não tenho dinheiro mas tenho tempo. O papai procura, acha e compra com cartão de crédito, porque é grande, tem dinheiro mas não tem tempo |
20/05/11
I quadrati di Verò - Os quadrados da Verô (6)
19/05/11
I quadrati di Verò - Os quadrados da Verô (5)
Qualcuno propone di assegnare il Nobel per la Pace alla Rete: Internet for Peace. Bella idea. Tifiamo tutti affinché si premino sempre tutte le paci, anche le E-Paces.
Estão propondo de dar à Internet o Premio Nobel da Paz: Internet for Peace. Boa idéia. Torcemos para que toda paz seja sempre premiada, até a E-Peace.
18/05/11
Tintin, ciack si gira!
Un importante gruppo di produzione, un gigante della distribuzione e un bravo regista hanno deciso di dare il via al trasferimento di un personaggio dei fumetti dalla carta stampata al grande schermo dei cinema.
Il bravo regista è nientepopodimeno Stephen Spielberg e il personaggio dei fumetti è nientepopodimeno TINTIN!
Ed è bello sapere che non si tratterà di “una botta e via” ma addirittura di una trilogia, immaginando già grandi potenzialità di qualità e di gradimento.
Il primo episodio diretto appunto da Spielberg si chiamerà Le avventure di Tintin: Il segreto del Liocorno (tratto dal fumetto ideato e pubblicato da Hergé -George Remì- nel 1943 col titolo Il segreto dell’Unicorno) e che sarà proiettato nei cinema italiani a ottobre e per il prossimo Natale negli Stati Uniti.
Esistono già trailer, siti ufficiali e un po’ di materiale fotografico.
Il secondo episodio (tratto dal fumetto del 1944, Il Tesoro di Rackham il Rosso) invece sarà diretto da Peter Jackson, lo scapigliato e pasciuto neozelandese de Il Signore degli Anelli. Mentre è ancora mistero assoluto sul terzo episodio.
Vedremo il simpatico reporter Tintin, il suo fedelissimo cagnolino Snowy e l’irascibile capitano Haddok in animazione digitale, in performance capture, cioè quella tecnica che memorizza i movimenti e le espressioni facciali di attori in carne ed ossa per trasferirli e dare vita ai personaggi disegnati e costruiti al computer e il tutto girato in tre dimensioni, come va di moda in questo periodo.
Insomma, l'attesa è grande anche se nel passato l'aver tentato di dare vita cinematografica ai personaggi dei fumetti non ha quasi mai prodotto un risultato apprezzabile e molti flop giacciono malinconicamente nei magazzini polverosi delle pellicole dimenticate.
Ho sempre pensato come quasi impossibile il tentativo di far incontrare un molto REGISTA di sé stesso come un lettore di fumetti, e le mediazioni anche se affascinanti di un regista di film.
Ma di Spielberg e del suo sense of wonder mi fido abbastanza tanto da immaginare che il “MIO” Tintin, nelle sue mani e nella sua testa, farà sicuramente una bella figura.
E infine un pensiero a tutti quei nonni, a quei papà non più giovanissimi o a quegli zii che leggevano Tintin e che accompagneranno un mare di bambini al cinema: li immagino uscire dopo la proiezione con gli occhi fieri di coloro che il digitale, la performance capture e addirittura le tre dimensioni se le facevano per proprio conto nella loro infinita e infaticabile fantasia.
E tutti quegli occhi... come sono uguali a quelli del buon Stephen!
Il bravo regista è nientepopodimeno Stephen Spielberg e il personaggio dei fumetti è nientepopodimeno TINTIN!
Ed è bello sapere che non si tratterà di “una botta e via” ma addirittura di una trilogia, immaginando già grandi potenzialità di qualità e di gradimento.
Il primo episodio diretto appunto da Spielberg si chiamerà Le avventure di Tintin: Il segreto del Liocorno (tratto dal fumetto ideato e pubblicato da Hergé -George Remì- nel 1943 col titolo Il segreto dell’Unicorno) e che sarà proiettato nei cinema italiani a ottobre e per il prossimo Natale negli Stati Uniti.
Esistono già trailer, siti ufficiali e un po’ di materiale fotografico.
Il secondo episodio (tratto dal fumetto del 1944, Il Tesoro di Rackham il Rosso) invece sarà diretto da Peter Jackson, lo scapigliato e pasciuto neozelandese de Il Signore degli Anelli. Mentre è ancora mistero assoluto sul terzo episodio.
Vedremo il simpatico reporter Tintin, il suo fedelissimo cagnolino Snowy e l’irascibile capitano Haddok in animazione digitale, in performance capture, cioè quella tecnica che memorizza i movimenti e le espressioni facciali di attori in carne ed ossa per trasferirli e dare vita ai personaggi disegnati e costruiti al computer e il tutto girato in tre dimensioni, come va di moda in questo periodo.
Insomma, l'attesa è grande anche se nel passato l'aver tentato di dare vita cinematografica ai personaggi dei fumetti non ha quasi mai prodotto un risultato apprezzabile e molti flop giacciono malinconicamente nei magazzini polverosi delle pellicole dimenticate.
Ho sempre pensato come quasi impossibile il tentativo di far incontrare un molto REGISTA di sé stesso come un lettore di fumetti, e le mediazioni anche se affascinanti di un regista di film.
Ma di Spielberg e del suo sense of wonder mi fido abbastanza tanto da immaginare che il “MIO” Tintin, nelle sue mani e nella sua testa, farà sicuramente una bella figura.
E infine un pensiero a tutti quei nonni, a quei papà non più giovanissimi o a quegli zii che leggevano Tintin e che accompagneranno un mare di bambini al cinema: li immagino uscire dopo la proiezione con gli occhi fieri di coloro che il digitale, la performance capture e addirittura le tre dimensioni se le facevano per proprio conto nella loro infinita e infaticabile fantasia.
E tutti quegli occhi... come sono uguali a quelli del buon Stephen!
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tintin film by vittorio mogetta
17/05/11
16/05/11
14/05/11
faccia velata
Una vecchia foto, il modello è Lello, l'effetto... insommma, ha un suo effetto
Saci, l'eroe birichino che ci manca
Sarebbe stato bello se nella mia infanzia di italiano avessi avuto un eroe come Saci (si legge Sasì).
Avrei sicuramente appreso da solo due cose "piccole piccole" come per esempio che nero è uguale a bianco se rapportato a uomini, donne o bambini oppure che la menomazione fisica non fa diventare chi ne è affetto, un soggetto da evitare.
In Brasile, dove rispetto a noi in fatto di integrazione potrebbero darci lezioni infinite e dove in qualsiasi aeroporto il primo cartello che incontri è quello firmato dal "Governo Federal" e che dice: "BRASIL, UM PAIS DE TODOS", i bambini di questo Stato immenso hanno la fortuna di sognare e crescere con un piccolo birbante dispettoso: Saci Pererê.
Saci è appunto un bambino di colore, molto birichino, ha una sola gamba, fuma la pipa e indossa un berrettino rosso con poteri magici. Le storie narrano che Saci adora fare scherzi e a volte anche danni, come far sparire il cibo degli altri o spaventare i viandanti solitari e gli animali delle fattorie, insomma, uno che quando accade qualcosa per via delle nostre disattenzioni o colpe, lui ne diventa il responsabile. E ancora si dice che per catturare un Saci sia necessario costruire una trappola con un cesto e una volta catturato, senza indugiare sia importantissimo togliergli il berrettino magico, cosicché, reso il povero Pererê inoffensivo, lo si prende e lo si mette in una bottiglia che si dovrà chiudere con un tappo di sughero. Chissà se qualcuno è mai riuscito a imprigionarlo, e magari ora lo tiene nascosto in soffitta. Spero proprio di no!
In tempi di sfruttamento politico-elettorale ed economico di coloro che vengono in Italia pieni di voglia di futuro e che chiamiamo con un sillogismo perfetto EXTRACOMUNITARI, cosicché, nella nostra ignorante pseudo-superiorità ci sentiamo anche al riparo dal sentirci razzisti, mi piacerebbe che un Saci qualsiasi venisse qui a insegnarci cosa è l'impegno e punire tutti coloro che fanno cose improvvide come i nostri politici ai quali pare non freghi nulla del futuro di chiunque. E infine, magari, far resoconto delle punizioni affibbiate da Saci, sui giornali e con un linguaggio destinato ai nostri bambini e al nostro essere anche, sempre, bambini.
Avrei sicuramente appreso da solo due cose "piccole piccole" come per esempio che nero è uguale a bianco se rapportato a uomini, donne o bambini oppure che la menomazione fisica non fa diventare chi ne è affetto, un soggetto da evitare.
In Brasile, dove rispetto a noi in fatto di integrazione potrebbero darci lezioni infinite e dove in qualsiasi aeroporto il primo cartello che incontri è quello firmato dal "Governo Federal" e che dice: "BRASIL, UM PAIS DE TODOS", i bambini di questo Stato immenso hanno la fortuna di sognare e crescere con un piccolo birbante dispettoso: Saci Pererê.
Saci è appunto un bambino di colore, molto birichino, ha una sola gamba, fuma la pipa e indossa un berrettino rosso con poteri magici. Le storie narrano che Saci adora fare scherzi e a volte anche danni, come far sparire il cibo degli altri o spaventare i viandanti solitari e gli animali delle fattorie, insomma, uno che quando accade qualcosa per via delle nostre disattenzioni o colpe, lui ne diventa il responsabile. E ancora si dice che per catturare un Saci sia necessario costruire una trappola con un cesto e una volta catturato, senza indugiare sia importantissimo togliergli il berrettino magico, cosicché, reso il povero Pererê inoffensivo, lo si prende e lo si mette in una bottiglia che si dovrà chiudere con un tappo di sughero. Chissà se qualcuno è mai riuscito a imprigionarlo, e magari ora lo tiene nascosto in soffitta. Spero proprio di no!
In tempi di sfruttamento politico-elettorale ed economico di coloro che vengono in Italia pieni di voglia di futuro e che chiamiamo con un sillogismo perfetto EXTRACOMUNITARI, cosicché, nella nostra ignorante pseudo-superiorità ci sentiamo anche al riparo dal sentirci razzisti, mi piacerebbe che un Saci qualsiasi venisse qui a insegnarci cosa è l'impegno e punire tutti coloro che fanno cose improvvide come i nostri politici ai quali pare non freghi nulla del futuro di chiunque. E infine, magari, far resoconto delle punizioni affibbiate da Saci, sui giornali e con un linguaggio destinato ai nostri bambini e al nostro essere anche, sempre, bambini.
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Saci Pererê by vittorio mogetta
13/05/11
MINHA FAMÍLIA FELIZ
In questi giorni va molto di moda in Brasile applicare una serie di adesivi che si acquistano e si compongono al costo di 2 reais (circa un euro) ciascuno e che si esibiscono nella parte posteriore della propria auto. Gli adesivi rappresentano varie figure maschili e femminili di adulti e di bambini, poi cani, gatti ecc.
Il gioco sta nel comporre e unire tutti i componenti della propria famiglia e lo slogan, che è la vera trovata dell'operazione, recita così: MINHA FAMÍLIA FELIZ.
E' tutto molto semplice, dai disegni al messaggio che si vuole condividere con gli altri, ma è anche un gioco, perché si possono scegliere, fra una discreta varietà di soggetti, i nostri Avatar ideali, pronti a essere uniti e appiccicati vicini e nell’ordine che più ci piace.
Ma dov'è il segreto di questo piccolo successo?
Provo a immaginare così:
1 - IL GIOCO - è sempre invitante partecipare a un gioco e che qui oltretutto relaziona una quantità infinita di partecipanti e poi, ti fa esibire il risultato come fosse il tuo trionfo;
2 - IL SEGNO O DISEGNO - sintetico, quasi elementare diventa accessibile a ogni gusto, mente, esigenza, età;
3 - LA FAMIGLIA - è uno dei valori in discussione oggi, per effetto della forte pressione esercitata dalla morsa consumistica, dove il vero "eroe" è l'individuo ed ecco che si scatena la nostalgica illusione di un rigurgito di quelle vecchie immagini dove immaginavamo la famiglia come "roccaforte" di sicurezza, di armonia e di rifugio;
4 - LA FELICITA' - qui tutto si espande: viene in mente a quanti e come cercano di convincerci a consumare per farci sentire nell'illusione di avere la felicità con un paio di scarpe o con un'automobile, poi quel film di Muccino "La ricerca della felicità" dove ci raccontano che forse tutto si ottiene grazie alla stabilità economica, ma, ancora, dalla filosofia alla teologia la felicità è uno stato permanente dell'animo e lo si ottiene casualmente senza cercarlo, oppure dove lo si ottiene addirittura rinunciandoci, o elargendo felicità agli altri senza preoccuparci della nostra. Insomma non voglio fare un trattato sulla felicità, perché poi dovremmo spiegare anche cosa significa IL DIRITTO ALLA RICERCA DELLA FELICITA' sancito nella Costituzione Americana.
Quindi torniamo ai nostri divertenti adesivi e ai messaggi che si completano attraverso l'utilizzo della parola "felice". Ci accontentiamo anche di un attimo di felicità e ciascuno di noi la intepreta come più gli piace. Dire agli altri che si è felici è già abbastanza!
E allora, dalla pura e semplice voglia di esibire il nostro nucleo familiare felice alla volontà di ribadire per protesta, per rivalsa o solo per ironia che siamo atipici (vedi famiglie separate con madri o padri coraggiosi, convivenze gay maschili o femminili, ragazze o ragazzi con più di un partner, suocere fuori o suocere dentro e poi ecc. ecc.).
Insomma il tutto esibito racconta di noi simbolicamente e sinteticamente a poco prezzo, con grande risonanza, e a scapito di una privacy che a volte rivendichiamo con forza, per gridare forte a tutti chi siamo quanti siamo e quanto siamo felici nel nostro essere normali, incazzati, orgogliosi, creativi, rari o strani.
Bentrovati "adesivos da minha famìlia feliz", nuovi graffiti metropolitani!
Il gioco sta nel comporre e unire tutti i componenti della propria famiglia e lo slogan, che è la vera trovata dell'operazione, recita così: MINHA FAMÍLIA FELIZ.
E' tutto molto semplice, dai disegni al messaggio che si vuole condividere con gli altri, ma è anche un gioco, perché si possono scegliere, fra una discreta varietà di soggetti, i nostri Avatar ideali, pronti a essere uniti e appiccicati vicini e nell’ordine che più ci piace.
Ma dov'è il segreto di questo piccolo successo?
Provo a immaginare così:
1 - IL GIOCO - è sempre invitante partecipare a un gioco e che qui oltretutto relaziona una quantità infinita di partecipanti e poi, ti fa esibire il risultato come fosse il tuo trionfo;
2 - IL SEGNO O DISEGNO - sintetico, quasi elementare diventa accessibile a ogni gusto, mente, esigenza, età;
3 - LA FAMIGLIA - è uno dei valori in discussione oggi, per effetto della forte pressione esercitata dalla morsa consumistica, dove il vero "eroe" è l'individuo ed ecco che si scatena la nostalgica illusione di un rigurgito di quelle vecchie immagini dove immaginavamo la famiglia come "roccaforte" di sicurezza, di armonia e di rifugio;
4 - LA FELICITA' - qui tutto si espande: viene in mente a quanti e come cercano di convincerci a consumare per farci sentire nell'illusione di avere la felicità con un paio di scarpe o con un'automobile, poi quel film di Muccino "La ricerca della felicità" dove ci raccontano che forse tutto si ottiene grazie alla stabilità economica, ma, ancora, dalla filosofia alla teologia la felicità è uno stato permanente dell'animo e lo si ottiene casualmente senza cercarlo, oppure dove lo si ottiene addirittura rinunciandoci, o elargendo felicità agli altri senza preoccuparci della nostra. Insomma non voglio fare un trattato sulla felicità, perché poi dovremmo spiegare anche cosa significa IL DIRITTO ALLA RICERCA DELLA FELICITA' sancito nella Costituzione Americana.
Quindi torniamo ai nostri divertenti adesivi e ai messaggi che si completano attraverso l'utilizzo della parola "felice". Ci accontentiamo anche di un attimo di felicità e ciascuno di noi la intepreta come più gli piace. Dire agli altri che si è felici è già abbastanza!
E allora, dalla pura e semplice voglia di esibire il nostro nucleo familiare felice alla volontà di ribadire per protesta, per rivalsa o solo per ironia che siamo atipici (vedi famiglie separate con madri o padri coraggiosi, convivenze gay maschili o femminili, ragazze o ragazzi con più di un partner, suocere fuori o suocere dentro e poi ecc. ecc.).
Insomma il tutto esibito racconta di noi simbolicamente e sinteticamente a poco prezzo, con grande risonanza, e a scapito di una privacy che a volte rivendichiamo con forza, per gridare forte a tutti chi siamo quanti siamo e quanto siamo felici nel nostro essere normali, incazzati, orgogliosi, creativi, rari o strani.
Bentrovati "adesivos da minha famìlia feliz", nuovi graffiti metropolitani!
07/05/11
The Telegraph: quando la prima pagina è troppo stretta...
Il compito di un giornale, è in primo luogo quello di ordinatore di una realtà complessa e caotica (nessun altro media riesce a proporre una gerarchia riflessiva e poi chiara e ordinata dei fatti come accade in un giornale), e infatti ci affezioniamo alle testate che immaginiamo in linea con i nostri punti di vista, che ospitano firme che apprezziamo e condividiamo e infine che soddisfano anche la nostra domanda di leggibilità, forma e armonia estetica.
Impariamo a raggiungere grazie all'abitudine, "soppesando" con le dita, le pagine di un argomento o di un settore che prima di ogni altra cosa siamo smaniosi di andare a vedere o leggere: insomma ci piace di come una redazione intera lavori per un prodotto che sentiamo nostro, perché lo condividiamo e poi addirittura, in modo libero ma anche un po' pretenzioso, arriviamo a immaginare di farne parte, tanto che se qualcosa non ci piace o ci piace molto siamo subito pronti a mandare una mail per far sapere cosa pensiamo (e ogni mail, ogni lettera o ogni fax che arriva dai lettori, in tutte le redazioni del mondo è letto con attenzione e ponderato).
Ma questo post oggi vuol parlare di scelte e in particolare di scelte che a volte, in occasione di eventi e notizie di grande eco, invece essere di aiuto alla loro interpretazione arrivano addirittura a disorientare.
LA PRIMA PAGINA DELL'EDIZIONE SETTIMANALE DEL "THE TELEGRAPH"
Il povero quotidiano aveva programmato tutto, si sposavano William e Kate, una roba che per un tabloid inglese è da ricorrenza epocale... e poi arriva la notizia della morte di Bin Laden. Riesco ad immaginare l'edizione settimanale pronta e confezionata sull'evento rosa che improvvisamente deve subire una radicale trasformazione, oltretutto con i due argomenti che sono disarmatamente respingenti. Guardate come il povero tabloid tenta di risolvere il problema: un occhiello (che è di solito la parte introduttiva di una titolazione) prova a descriverci cosa accade sotto e recita più o meno così " Un giorno pieno di romanticismo, sfarzoso e giocoso è suggellato con un bacio", e subito la foto senza titolo e senza didascalia dei due "piccioncini reali". Direte, ma chiunque sarebbe stato in grado di riconoscere la dama vestita di bianco e il soldato colorato di rosso, giallo e blu che si baciano, e non solo, tutto il mondo dai bambini di due anni ai nonni di ottanta, sapevano che in quell'isola a nord dell'Europa c'era stato un matrimonio. Ma poi, sotto ancora, a completare visualmente quello che appare come un solo argomento, ecco il titolone di pagina che grida "Osama bin Laden è morto".
Ma caspita, sarà stato anche difficile gestire le due notizie così dissonanti fra loro, ma cosa costava rendere un po' più titolo il testo sopra la foto e spiegare che i due teneri, ricchi, e colorati bacianti anonimi avevano anche un nome?
Impariamo a raggiungere grazie all'abitudine, "soppesando" con le dita, le pagine di un argomento o di un settore che prima di ogni altra cosa siamo smaniosi di andare a vedere o leggere: insomma ci piace di come una redazione intera lavori per un prodotto che sentiamo nostro, perché lo condividiamo e poi addirittura, in modo libero ma anche un po' pretenzioso, arriviamo a immaginare di farne parte, tanto che se qualcosa non ci piace o ci piace molto siamo subito pronti a mandare una mail per far sapere cosa pensiamo (e ogni mail, ogni lettera o ogni fax che arriva dai lettori, in tutte le redazioni del mondo è letto con attenzione e ponderato).
Ma questo post oggi vuol parlare di scelte e in particolare di scelte che a volte, in occasione di eventi e notizie di grande eco, invece essere di aiuto alla loro interpretazione arrivano addirittura a disorientare.
LA PRIMA PAGINA DELL'EDIZIONE SETTIMANALE DEL "THE TELEGRAPH"
Il povero quotidiano aveva programmato tutto, si sposavano William e Kate, una roba che per un tabloid inglese è da ricorrenza epocale... e poi arriva la notizia della morte di Bin Laden. Riesco ad immaginare l'edizione settimanale pronta e confezionata sull'evento rosa che improvvisamente deve subire una radicale trasformazione, oltretutto con i due argomenti che sono disarmatamente respingenti. Guardate come il povero tabloid tenta di risolvere il problema: un occhiello (che è di solito la parte introduttiva di una titolazione) prova a descriverci cosa accade sotto e recita più o meno così " Un giorno pieno di romanticismo, sfarzoso e giocoso è suggellato con un bacio", e subito la foto senza titolo e senza didascalia dei due "piccioncini reali". Direte, ma chiunque sarebbe stato in grado di riconoscere la dama vestita di bianco e il soldato colorato di rosso, giallo e blu che si baciano, e non solo, tutto il mondo dai bambini di due anni ai nonni di ottanta, sapevano che in quell'isola a nord dell'Europa c'era stato un matrimonio. Ma poi, sotto ancora, a completare visualmente quello che appare come un solo argomento, ecco il titolone di pagina che grida "Osama bin Laden è morto".
Ma caspita, sarà stato anche difficile gestire le due notizie così dissonanti fra loro, ma cosa costava rendere un po' più titolo il testo sopra la foto e spiegare che i due teneri, ricchi, e colorati bacianti anonimi avevano anche un nome?
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