15/09/11

Severgnini e il Corriere invitano i milanesi alla delazione


Non si finisce mai di essere sgomenti rispetto a ciò che si legge e si apprende dalle proposte di alcuni curatori di blog amplificate anche attraverso grandi strumenti di informazione quali il potente Corriere della Sera.
Assisto a tutto questo dal Brasile, terra che in questo momento mi ospita e che il fantomatico blogger conosce benissimo.
Il blogger è Beppe Severgnini.
La sua proposta è quella di far diventare delatori tutti coloro assistono alla continua lotta per la ricerca di un parcheggio a Milano e scorgono quelli che per farlo utilizzano uno di quei tanti permessi fra i quali, quelli destinati ai portatori di invalidità: (http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/11_settembre_15/20110915MIL06_MIL01_33-1901542749258.shtml).
L'invito è semplice: vedete un qualcuno o qualcuna parcheggiare utilizzando il permesso per gli invalidi? Click, fategli una foto e senza preoccuparvi di sapere altro, inviatela al Corrierone e al bravo Beppe... ci penseranno loro a metterli alla berlina, così, quelli, imparano a parcheggiare utilizzando un permesso qualsiasi!
Mi chiedo dove abbia trovato l'ispirazione il buon redattore Severgnini, e senza troppo cercare, mi vengono in mente nell'ordine: 1- La vita degli altri, il film dove ci hanno raccontato di come si viva in una nazione dove mezzo paese spia l'altra metà; 2- Fahrenheit 451, dove invece la delazione avviene in forma anonima attraverso apparenti e innocenti cassette delle lettere al fine di denunciare i possessori di libri. A questo punto, diventano inevitabili tutte le relazioni verso qualsiasi forma di dittatura che da sempre alimenta sé stessa proprio attraverso la paura di essere denunciati da chicchessia, ma solo perché la responsabilità sull'indicato avviene sempre senza troppi scrupoli e con un uso della giustizia e del diritto inesistenti.
Chiedo al Corriere della Sera e al collega Severgnini del perché di questa voglia di giustizia fai-da-te, quando, invece, dovremmo tutti auspicarci che le regole vengano rispettate, soprattutto perché esistono e dovrebbero funzionare i sistemi di controllo?
Per me la ricetta è la solita: se qualcosa non funziona, prendiamocela con chi non ci garantisce la buona gestione dei soldi che paghiamo per i controlli.
Oppure, collega Severgnini, perché non spiega come, ad esempio, nella città in cui sono ospitato la grande, popolatissima  e caotica Sao Paulo,  le regole per il traffico sono così severe che se per la lentezza del traffico lei invade un incrocio e il suo semaforo diventa rosso, tempo due giorni, le arriva in casa una bellissima e salatissima multa con l'aggiunta della perdita di punti sulla sua patente? E che tutto questo risulta in tempo reale sulla banca dati della Prefettura? E che non potrà mai tentare di vendere la sua auto se prima non avrà appianato tutte le sanzioni pendenti sulla sua condotta? E che se viaggia senza cintura sempre che non venga sorpreso da un vigile del traffico, ci sono eccellenti probabilità che le arrivi la foto del suo bel viso sempre dopo pochissimi giorni con tanto di pena pecuniaria?
Insomma, cari Corriere della Sera e caro Bebbe Severgnini, proviamo a indignarci perché i controlli non funzionano e non proponendo soluzioni del tipo tutti-contro-tutti.

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